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Storie di successo

Illycaffè SpA

Illycaffè SpA

La Illycaffè S.p.A. è un'azienda specializzata nella produzione di caffè, con sede e stabilimento di produzione a Trieste.
Fondata a Trieste nel 1933 da Francesco Illy nato nel 1892 a Temesvár, Austria-Ungheria (oggi Timisoara, Romania il quale avvia un'attività imprenditoriale nel settore del cacao e del caffè per poi decidere di dedicarsi esclusivamente al "nero", come viene chiamato a Trieste il caffè espresso . Nel 1934 inventa e brevetta il sistema di confezionamento a "pressurizzazione con gas inerte", per la conservazione degli aromi del caffè all'interno del barattolo. Nel 1935 deposita il brevetto ingegneristico di Illetta, macchina per l'espresso professionale di casa illy. Nel 1947, Ernesto, figlio di Francesco entra in azienda e fa subito valere la sua laurea in chimica realizzando il primo laboratorio chimico aziendale, creando anche sinergie scientifiche con istituzioni internazionali.
Nel 1974 arriva il terzo brevetto internazionale: le cialde di carta monoporzione di caffè espresso, preludio alle cialde di caffé ESE. Negli anni 1980, la terza generazione della famiglia Illy apporta in azienda un marketing, con innovativo verso la GDO e l'apertura verso i nuovi mercati internazionali. Nel 1988 la Illy brevetta il sistema per la selezione digitale dei chicchi di caffè.
Nel 1992 Matteo Thun di disegna la nuova e attuale tazzina illy aprendo di fatto un proficuo rapporto con l'arte. Con Andrea Illy, quartogenito di Ernesto, un nuovo impulso innovativo porta al rinnovo dello storico marchio; nel 1996, da un'opera dell'artista pop James Rosenquist, nasce il nuovo marchio illy. Nel 2007 Illy crea una nuova generazione di capsule per caffè espresso, il metodo Iperespresso (coperto da cinque brevetti internazionali) capace di creare una crema più densa e persistente per il caffè espresso.
L'anno successivo, grazie a una joint venture al 50% tra illycaffè e The Coca-Cola Company nasce illy issimo, bevanda in lattina al gusto di caffè.
Nel 2013 Illy collabora con Kimbo e Indesit alla creazione del sistema in capsule UNO.

dalla Birra Moretti alla  Birra Castello SpA

dalla Birra Moretti alla Birra Castello SpA

La Birra Moretti di Udine è stata un'azienda storicamente specializzata nella produzione di birra secondo la tradizione mitteleuropea.
Nasce nel 1859 con il nome di Fabbrica di Birra e Ghiaccio fondata dall'allora trentasettenne Luigi Moretti, un imprenditore friulano la cui famiglia era dedita al commercio e all'ingrosso di bevande e generi alimentari.
La prima bottiglia arrivò sul mercato nel 1860. In quegli anni la produzione e il consumo di birra in Italia erano pressoché modesti. Inizialmente fu prevista una produzione di 2.500 ettolitri di birra all'anno, sufficienti per soddisfare il mercato provinciale. La famiglia Moretti ha detenuto la proprietà fino al 1989, vendendo poi il marchio che attraverso vari passaggi giunge all'acquisto nel 1996 da parte di Heineken, che ne detiene ancora oggi il marchio.
Lo stabilimento originario di Udine fu trasferito nel 1992 a San Giorgio di Nogaro.
In seguito all'accusa mossa ad Heineken dall'Antitrust italiano di avere sul mercato una posizione dominante, il gruppo olandese fu costretto a cedere nel 1997 lo stabilimento che fu acquistato da un nuovo gruppo birrario che ne detiene oggi la proprietà: il Gruppo Birra Castello s.p.a a cui è associata anche la storica fabbrica di Pedavena in veneto.
Il marchio principale oggi è “Birra Castello” che rimane essendo un elemento minore della vecchia serigrafia presente sulle storiche etichette con “il baffone” ed è indiscutibilmente legato alla città d’origine ovvero Udine con il caratteristico castello cittadino.
La produzione della storica Moretti e della Sansouci di proprietà esclusiva Heineken fu quindi spostata in vari stabilimenti, sempre in Italia, controllati da Heineken.
A riguardo sul sito ufficiale dell'azienda si racconta che nel 1942 il commendatore Menazzi Moretti vide un anziano “baffuto” seduto a un tavolino della storica trattoria Boschetti di Tricesimo in provincia di Udine. Moretti, pensando che l'uomo potesse rappresentare bene la sua birra, gli chiese il permesso di fotografarlo in cambio di una ricompensa di suo gradimento.
“Che al mi dedi di bevi, mi baste” – rispose l'uomo in lingua friulana, ovvero “Mi dia da bere, a me basta”.
Quella fotografia fu poi consegnata all'illustratore Segala, alias Franca Segala, che disegnò il famoso manifesto con il Baffone che divenne in breve il simbolo aziendale.

Roncadin e la sua Storia   -  di  Paolo Possamai

Roncadin e la sua Storia - di Paolo Possamai

“Mischiando pizza e gelati sono arrivato al timone di Bofrost”
Portare il gruppo Bofrost a 2 miliardi di ricavi nei prossimi 3 anni. “Meta possibile aumentando i clienti, restando negli stessi paesi europei in cui lavoriamo oggi, ma facendo crescere il numero dei camion che girano e il lavoro porta a porta”. Secondo obiettivo: arrivare quest’anno a 100 milioni di ricavi con le pizze surgelate a marchio Roncadin e creare le premesse per integrazioni e fusioni con altri operatori del settore, consolidando la presenza a Chicago al servizio degli Stati Uniti e, tenendo conto di crescita interna e acquisizioni, moltiplicare per 3 o 4 i volumi nel giro di un triennio. “Dovremo creare un gruppo capace di star a tavola, insomma di competere con i tedeschi”. Sono i “tedeschi” infatti i big player mondiali nella vendita di pizza surgelata, ossia i colossi Nestlè, Cameo, Freiberger con una miriade di marchi quasi sempre tricolori solo d’aspetto. I due target sono indicati da Edoardo Roncadin, perché tiene due cappelli. Uno da presidente del consiglio di sorveglianza della multinazionale tedesca Bofrost, il secondo da presidente e azionista dell’azienda pordenonese che porta il suo cognome. Il trait d’union tra le due imprese a livello di business sta nella gestione del freddo e nella consegna porta a porta. Ma il link sta anche nella persona di Edoardo Roncadin, che a 65 anni è stato chiamato due anni fa dal fondatore di Bofrost a guidare un gruppo da 1,2 miliardi di ricavi, presente in 12 Paesi europei, con oltre 10mila dipendenti e circa 5 milioni di clienti.
“Siamo soci in Bofrost Italia dal 1987 – dice il presidente – e Joseph Boquoi, che oggi ha 82 anni, mi ha chiesto un paio d’anni fa di dare una mano a gestire il passaggio generazionale. Rispondo solo alla Fondazione, cui Boquoi ha trasferito in toto la proprietà, e così l’ha blindata e ha stoppato la corte dei fondi di investimento. Del resto, non abbiamo mai avuto debiti e generiamo cassa, non abbiamo bisogno di banche e di investitori. Bofrost Italia, per esempio, ha un cash flow del 10% e dunque perché mai dovremmo vendere? Eccomi qua con una sfida nuova”.
In effetti Roncadin fa il pendolare da quando non aveva nemmeno 16 anni e con i risparmi di suo padre – gli prestò 3 milioni e mezzo di lire, identica cifra raccolse da parenti e amici di casa – se ne andò in Germania per aprire la sua prima gelateria. Da allora tiene casa a Osnabruck, in Bassa Sassonia. Adesso la domenica sera prende l’aereo da Venezia diretto a Dusseldorf, quartier generale di Bofrost, e rientra a San Vito al Tagliamento il giovedì sera. Tra la prima migrazione del 1965 e le trasferte odierne da capo-azienda della multinazionale leader in Europa nel settore degli alimenti surgelati, ci sta dentro il viaggio di una vita. Piena di successi imprenditoriali, ma anche di traversie. Sono tante le foto dell’album rubricabili alla voce “avventura”. Dato che d’inverno le gelaterie chiudevano, nella lunga brutta stagione nordica negli anni ’70 l’allora ventenne migrante pensò di trasformare i negozi di gelato in pizzerie. “Inizia così a miscelarsi il mondo della farina e quello dello zucchero, che è l’origine dei nostri business”, commenta Roncadin. A 20 anni con le prime Renault 4 attrezzate con frigo avvia la consegna a domicilio di pizze e gelato da Osnabrück. “Mai prima nessuno lo aveva fatto”. Nel 1970 durante un viaggio negli Stati Uniti con la ragazza tedesca che aveva appena sposato, Roncadin vede che nei grandi mall dopo le casse sono impiantati piccoli negozi. Shop in shop li chiamiamo oggi. E lui allestisce un centinaio di gelaterie in altrettanti centri commerciali in Germania, “perché dopo aver fatto la spesa di famiglia le mamme con gli spiccioli ricevuti alla cassa offrono volentieri il gelato ai bambini”. Per far fronte a una simile produzione di gelato, nasce la prima fabbrica semi industriale a Osnabruck (che esiste ancor oggi e che l’ex gelatiere pordenonese ha ceduto al colosso R+R, dove la prima “R” sta per Roncadin e la seconda per Richmond). Venduta la fabbrica del gelato nel 1985, avviene il rientro in Italia con i fratelli minori Renzo e Siro. E data al 1987 la partnership al 40% con Bofrost nella creazione della società per l’Italia (che nell’annata 2014-2015, esercizio marzo/febbraio, ha avuto ricavi pari a 217 milioni). “Ci mancava la pizza. Parliamo di un mercato che in Europa vale 3 miliardi di pezzi surgelati consumati a casa all’anno, di cui 1,2 miliardi sono consumati dai tedeschi, che ne producono 2 miliardi con nomi italiani. Mio fratello Renzo si è inventato un forno industriale con fondo di pietra lavica e riscaldato a legna e nel 1990 abbiamo fatto partire la fabbrica di Meduno, che è stata subito un grande successo. Fabbrica che siamo tornati, con mio figlio Dario, a riprenderci nel 2009” racconta l’imprenditore friulano. Ecco qui una frattura nella storia, una delle traversie. Nel 1999 il collocamento in Borsa, deciso per sanare l’indebitamento e per garantire sviluppo all’azienda con il nome di famiglia. “Fu uno choc indimenticabile – ricorda Roncadin - quando, il lunedì mattina della quotazione, nonostante avessimo una richiesta preventiva del 200% della quantità offerta al prezzo massimo, abbiamo visto i valori scendere a picco. Eravamo i ragazzi di campagna da spolpare. Abbiamo poi ricapitalizzato, mettendo 10 milioni di tasca nostra, ma le banche ci proponevano di unire le forze con Parmalat. Non so perché ma Tanzi tergiversò. E ancora oggi dico: Grazie Calisto! Ma poi spinti ancora dalle banche siamo caduti dalla padella nella brace: si chiamava Di Dario, che aveva bisogno di un veicolo per portare il suo gruppo Arena in Borsa”. Questo spezzone di storia finisce con i Roncadin che nel 2004 vengono di fatto liquidati da Di Dario con un’Opa e con Edoardo che si concentra in modo totale su Bofrost Italia. Ma la storia torna sui suoi passi e i dipendenti della Roncadin, nel frattempo fallita, nel 2008 bussano alla porta dei fondatori. Dario convince il padre Edoardo a ripartire insieme. Lo scorso anno l’azienda ha registrato ricavi per 92 milioni e ha 450 persone al lavoro a sfornare pizze, per il 73% destinate all’estero.

La storia di Witor’s

La storia di Witor’s

Da sempre la missione di Witor’s è quella di condividere la passione per il cioccolato con i propri consumatori, offrendo prodotti di qualità, innovativi, per tutti i gusti ed adatti ad un consumo quotidiano.
Witor’s è stata fondata nel 1959 da Roberto Bonetti, che aprì il suo primo laboratorio di cioccolato a Cremona.
Tra le prime creazioni della Witor’s va annoverato il “Boero”, un geniale connubio tra cioccolato extra fondente, liquore e ciliegie. Il successo negli anni ‘60 e ‘70 di questa pralina fu immediato: il prodotto raggiunse una grande notorietà e
venne distribuito in tutta Italia, con una presenza capillare davvero unica nel suo genere per quegli anni; ogni bar d’Italia ospitava sul banco il famoso espositore ad alberello con i Boeri avvolti nella carta rossa, con il conosciutissimo gioco “Strappa e vinci un boero”.
Da allora Witor’s di strada ne ha fatta tanta; l’offerta si è allargata a tutto il mondo del cioccolato con soluzioni vincenti ed innovative, per affrontare la realtà di un mercato sempre in evoluzione: dalle praline (mercato in cui Witor’s è protagonista indiscusso) alle tavolette, dagli snack ai biscotti, arrivando a distribuire i suoi prodotti in oltre 70 Paesi nel mondo, con una capacità produttiva annua che supera le 36.000 tonnellate, mantenendo comunque sempre intatta la propria tradizione e l’estrema attenzione alla qualità dei propri prodotti, unite ad una fantasia e uno stile tipicamente Italiani.

DELSER - Quality Food Group SpA. - 123 Anni di Storia

DELSER - Quality Food Group SpA. - 123 Anni di Storia

La DELSER nacque nel 1891 dallo spirito imprenditoriale dell'omonima famiglia di Martignacco e cominciò a produrre biscotti, wafer, caramelle e successivamente biscotti per l'infanzia.
Molto famoso e rinomato all'epoca era il "Biscotto Fosforato", che veniva consigliato dai pediatri in quanto digeribile e ricco di sali minerali.
Le prime ricette derivarono dalla tradizione conventuale delle monache Canossiane.
Inizialmente, e per molti anni, il controllo dei reparti fu affidato alla sapienza e all'autorità delle suore, che con precisione e rigore verificavano l'operato del personale.
Nel 1908 nasce il primo stabilimento nel centro del paese di Martignacco, un piccolo borgo 6 km a nord-ovest di Udine.
In quegli anni la Delser diventò fornitore della Casa Reale di Savoia e del Papato, e ricevette i Reali in visita per ben due volte presso il proprio stabilimento.
L'evento è ricordato da una bella targa in marmo dell'epoca, che è conservata presso l'ingresso dell'attuale sede.
Alcuni biscotti, in onore dei loro più nobili consumatori, vennero chiamati con i nomi dei membri della casa Reale: ricordiamo in particolare i due biscotti Margherita ed Elena.
La Delser si affermò su tutto il territorio italiano ed estero, partecipò a manifestazioni importanti dove venne riconosciuta per l'elevata qualità dei suoi prodotti.
Le numerose richieste dei prodotti Delser e le varie onorificenze ottenute in molteplici Esposizioni, diedero forte impulso all'Azienda che, condotta con tenacia, intelligenza e lungimiranza dei fratelli Delser, cominciò a provvedersi di moderni macchinari ed a produrre una vasta gamma di biscotti con crescente successo in Italia e all'Estero
I biscotti di pasticceria, i wafer ripieni, le caramelle erano confezionati all'epoca in bellissime scatole di latta decorate.
Ancora oggi ci sono collezionisti che cercano le particolarissime latte, purtroppo difficili da trovare.
Nel 1915 il confezionamento era effettuato del tutto manualmente e solo molti anni dopo è stato soppiantato dalle confezionatrici automatiche.
Già dai primi anni di attività, alla Delser la percentuale di donne sul totale dei dipendenti era elevata per quei tempi.
Questo ha fatto sì che l'azienda sia stata, oltre che una realtà industriale di riferimento in tutto il Friuli, anche un fattore di emancipazione per la popolazione femminile dei paesi limitrofi allo stabilimento.
Nel 1950 e nell'Italia della ricostruzione e della rinascita economica, il marchio Delser continuò la sua espansione per conquistare le case degli italiani e per farsi conoscere e apprezzare anche nel resto del mondo.
Grazie al know-how acquisito nel corso degli anni Delser non solo ha mantenuto, ma ha anche incrementato la sua posizione e importanza nell'ambito territoriale friulano, rimanendo una realtà industriale molto conosciuta e sicuramente la più importante azienda produttrice alimentare della zona.
Nel 1972 venne costruito il sito produttivo attuale, che negli anni è stato più volte ingrandito per far fronte a nuove necessità produttive e installare nuovi impianti.
Nel nuovo stabilimento, l'azienda fu dotata degli impianti più moderni che la tecnologia offriva, per affrontare le nuove sfide di un mercato in piena espansione.
Negli anni ‘70 la Delser iniziò una stretta collaborazione con le più importanti multinazionali italiane ed europee. Questo portò alla nascita di nuovi prodotti che a tutt'oggi sono nelle case dei consumatori di mezzo mondo sotto l'insegna dei marchi più famosi.
Nel 2001 nasce la Quality Food, per adeguarsi ai nuovi cambiamenti del mercato internazionale, la Delser ha cambiato nome in Quality Food Group S.p.A.
Dalla fine del 2011 è stato attivato un ulteriore ampliamento, che aumenterà lo spazio a disposizione per i reparti produttivi e per i magazzini materie prime, imballaggi e prodotti finiti.
Il marchio Delser, garanzia di bontà e di tanti anni di esperienza, continua ad espandersi grazie al rinnovato spirito imprenditoriale giovane e innovativo.

La storia dell’Acetaia Midolini

La storia dell’Acetaia Midolini

Dalle vigne immerse nel cuore dei Colli Orientali del Friuli nascono prodotti unici ed esclusivi, frutti di una cultura artigianale lunga oltre mezzo secolo e di un’attenta ricerca della qualità. I balsamici Asperum e i vini Rosacroce sono le punte d’eccellenza dell’Azienda Midolini. Dal passato al futuro, grazie anche alla collaborazione di partner importanti, l’Acetaia di famiglia è proiettata verso nuove sfide, senza mai dimenticare la tradizione.

L’avventura della nostra azienda inizia alla fine degli anni ‘60 grazie all’intraprendenza e alla perseveranza di Lino che, poliedrico nello spirito e negli affari, ha deciso di partire dalla sua passione per i vitigni e il vino per creare una vera e propria attività.
Ispirandosi all’antichissima tradizione dell’aceto balsamico, in queste terre risalenti al tempo degli antichi Romani, Lino ha riempito le prime botticelle che oggi raggiungono la cifra record di 2300.

Le vigne – l’origine
Le morbide campagne tra i Colli Orientali del Friuli-Venezia Giulia da Attimis a Buttrio sono una zona particolarmente votata alla viticoltura, produttrice di grandi vini conosciuti da diversi secoli, da tempo a Denominazione di Origine Controllata. Questa è la terra i cui rilievi, alcuni millenni fa, erano i fondali del mar Adriatico. Da questo remoto passato derivano le caratteristiche d’eccellenza del terroir, che alterna strati di marne (argille calcaree) a strati di arenarie (sabbie calcificate), tutto all’interno di una cornice con equilibri atmosferici omogenei. Al crocevia di un mosaico di influenze culturali mediterranee e mitteleuropee, questo territorio è protagonista della cultura vitivinicola del continente. Il legame tra i secoli si ricompone nel mosto cotto d’uva, la salsa agrodolce utilizzata per insaporire pietanze in tutta l’antica Roma, compresa Venezia e l’Istria, la regione comprendente il Forum Julii, di cui fu capitale Aquileia.
La nostra azienda si estende interamente in collina per 100 ettari, di cui 35 vitati e 30 destinati a vigneto, tra i comuni di Manzano, Buttrio e Premariacco. I vigneti, particolarmente ben esposti e riparati da una ampia catena montuosa, godono di condizioni microclimatiche ideali.
Le vigne affondano le radici in terreni ricchi e produttivi e danno vita ad uve pregiate e adatte ad essere trasformate in vino e Asperum.

L’acetaia – la sua valorizzazione
Immersa nel cuore dei Colli Orientali del Friuli l’acetaia porta con sé la storia del suo passato, quando gli agricoltori del luogo la utilizzavano come granaio. Oggi è stata restaurata mantenendo l’antico fascino del grande tetto a capriate, che ben si adatta alla filosofia della nostra azienda, ovvero l’unione tra sperimentazione e tradizione.

Oggi ospita 2300 botticelle di pregiatissimi legni che fanno parte di quella che viene considerata una vera e propria dimora. Il luogo dove il sogno di creare un balsamico di mosti pregiati è diventata realtà e dove vengono condivisi sentimenti, sogni e progetti innovativi. Questo è il luogo dove l’Asperum prende forma, colore e, soprattutto, sapore.
Quotidianamente, tra le batterie disposte a capacità decrescente da 75 a 10 litri, cammina con passo solerte e attento il mastro acetaio per controllare tutto con cura e assicurarsi che nulla interferisca con il corretto processo di invecchiamento.

Le nostre botticelle sono realizzate artigianalmente con sette diversi legni pregiati: il gelso, il frassino, la robinia, il ciliegio, la rovere, il castagno e il ginepro. A proteggere le bocche delle botti ci sono delle candide pezzuole di lino, le cui trame potrebbero raccontare la storia dell’acetaia fin dal principio. Questi piccoli tessuti, infatti, sono stati tagliati inizialmente a mano dalle donne di famiglia e hanno l’utilità di far respirare l’aceto e favorire lo scambio d’ossigeno con l’esterno.

Nei Colli Orientali del Friuli ha preso vita una storia unica per questa terra, che culmina nella produzione di una “salsa balsamica”.
“Da allora tutta la nostra famiglia ha perseguito questa sfida con perspicacia e convinzione dedicandosi principalmente alla ricerca della qualità con l’obiettivo di dar vita esclusivamente a produzioni di eccellenza”.
Gloria, figlia di Lino, ha raccolto oggi il testimone unendo alla sapienza tutta artigianale del passato una visione moderna, che sa interpretare le esigenze dei mercati, nonché quelle degli autentici cultori del gusto.

Jermann, storica azienda del collio

Jermann, storica azienda del collio

Jermann è la storia di una passione che arriva da molto lontano. Anton Jermann, il fondatore, lascia la regione vinicola austriaca del Burgenland e poi le vigne in Slovenia per mettere radici in Friuli Venezia Giulia. E’ il 1881. Quì continua la sua attività vitivinicola, cui Sylvio Jermann grazie alla sua genialità e fantasia, dagli anni settanta dà una svolta epocale, portando l’azienda ai vertici italiani e poi mondiali del vino. Oggi la proprietà Jermann si estende su 150 ettari di cui 130 ettari di vigneto e 20 ettari a seminativi e orticole. È un’azienda che dialoga ogni giorno con il mondo ma l’attenzione, però, rimane sempre puntata sulle cose concrete che fanno grande un vino. L’amore per la terra, insomma, è la pietra miliare di questa azienda agricola, grande perla del Collio, rinomata per i suoi bianchi eccezionali ma anche per i suoi rossi robusti e da tradizione. Nella nuova cantina, l’innovazione tecnologica è sapientemente integrata con la tradizione architettonica. Sylvia e Felix Grandi botti in legno di quercia creano un’atmosfera magica. È lo stesso materiale che veniva utilizzato 50 anni fa, come identica è la passione, che si tramanda generazione dopo generazione. Inaugurata il 07.07.07, la tenuta Jermann di Ruttars, nel cuore di Dolegna del Collio (GO), è circondata da oltre 20 ettari di vigneto ed è stata progettata esclusivamente per la vinificazione del Capo Martino e Vignatruss - le cui vigne sono a ridosso della cantina -, del Where Dreams e del Vintage Tunina, vino che più di ogni altro ha decretato il successo dell’azienda Jermann. Il terreno, unico per le sue caratteristiche, qui è leggero e fresco. Le temperature non troppo calde e le notti fredde permettono agli aromi e ai profumi di non disperdersi, e di arrivare dal grappolo direttamente al vino.

JERMANN , PER UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE
La superficie aziendale Jermann coltivata con il metodo da agricoltura biologica è di circa 18 ettari, concentrati nei terreni di Moraro, Farra d’Isonzo e Dolegna del Collio (Gorizia). La produzione biologica Jermann BJO è coltivata senza l’impiego di fertilizzanti chimici, pesticidi e diserbanti. Le farine, macinate a pietra come una volta, dal 2008 si confezionano in atmosfera modificata per garantire il massimo della qualità, così come la lenta essicazione su grigliati assicura uno sviluppo sano del prodotto (l’essicazione in questo modo viene fatta solo per i fagioli, in certi casi anche per il mais; per gli altri prodotti scegliamo il momento della raccolta in base al livello di umidità). Le prove interne di panificazione permettono di testare subito la qualità, la fragranza e la consistenza del prodotto finito. Il confezionamento sottovuoto viene effettuato in azienda per preservare al meglio le caratteristiche organolettiche del prodotto, il mantenimento delle caratteristiche nutrizionali, nonché preservano il prodotto da parassiti indesiderati. Il personale specializzato segue ogni singolo processo di lavorazione, compresa l’etichettatura e la conservazione, sempre nel complesso della cantina di Ruttars. Gli obiettivi della produzione biologica della Jermann sono: alta qualità, assenza di residui chimici e massimo rispetto per l’ambiente e la biodiversità, garantiti dalla totale assenza di tali residui e di qualsiasi additivo o conservante. La linea di prodotti BJO della Jermann assicura uno stile nutrizionale salutare, nel rispetto della tradizione. Non contiene organismi geneticamente modificati

Compie 25 anni l’etichetta leader dell’azienda di Ruttars
Per brindare con oltre 150 agenti convenuti a Ruttars da mezzo mondo nonché con la famiglia, collaboratori ed amici migliori, Silvio Jermann ha scelto un anniversario originale e cioè le nozze d’argento con il suo “ vino del cuore “ : il DREAMS . Giornata ricca di aneddoti, emozioni, testimonianze , ma anche coinvolgenti “ verticali” ed approfondimenti tecnici in cui si è parlato a lungo, fra l’altro, dell’annoso problema dei tappi di sughero ed alternativi e di quelli a vite, che – complici frequenti delusioni avute da quelli tradizionali - rientrano attualmente nelle scelte aziendali non solo per il mercato inglese ed USA ma anche in quello nazionale . Una scelta indubbiamente controcorrente che , nei programmi di Sylvio Jermann, andrà progressivamente ad interessare anche il vini bandiera aziendali e cioè il Picolit, il Vintage Tunina, il Dreams ed altri ancora. Ma limitiamoci, in questa sede, ad approfondire la conoscenza del festeggiato di turno.

W… Dreams… … … Un vino, un sogno.
Nasce su un terreno marnoso arenario , da allevamento Guyot con viti per ettaro fino a 7900. E’ prodotto con uve Chardonnay (97%) , tenore d’alcool 13,5%, acidità 5,50 ‰ ; durata del vino prevista 8 – 10 anni. Affinamento di 11 mesi in botti piccole da 300 litri di rovere francese. La degustazione : “…Dreams…” da uve Chardonnay. Ha colore giallo paglierino risplendente. All’olfatto esprime fascino e complessità con profumi di rara eleganza e raffinatezza. Prevalgono sentori esotici di frutta matura, burro fuso, vaniglia, pasticceria. In bocca mantiene tutte le promesse dell’olfatto, le conferma e le impreziosisce con gentili sapori e sfumature aromatiche fresche e persistenti. (Duemilavini Guida 2003 A.I.S., Dreams 2000) Dedicato all’album rock “The Joshua Tree” degli U2 uscito nel 1987 e in particolare alla canzone “Where the streets have no Name”. “Questo vino – ricorda Sylvio- nasce con la vendemmia 1987 e nel corso degli anni il suo nome ha subito alcune variazioni. Il primo ciclo di nove anni con il nome “Where the Dreams have no end…”, aveva la particolarità di cambiare il colore della capsula ogni annata rifacendosi ai sette colori dell’iride più il bianco e il nero presenti sull’etichetta, cominciando dal bianco in senso antiorario. Sono, inoltre, raffigurate le quattro fasi lunari. Nel 1996 diventa “Were Dreams, now it is just wine!” con la capsula blu sulla quale è stilizzata la cometa Hale-Bopp, questo per altri sette anni. Infine nel 2003 ritorniamo un po’ all’origine con: “W…. Dreams … ……”, aggiungendo, sotto, l’anno del raccolto e disegnando Marte sulla capsula. I puntini da noi vengono interpretati in “Where Dreams can happen” comunque ognuno può avere diverse ispirazioni. Curiosità: L’etichetta del “Where the Dreams have no end…” è stata utilizzata nel film di gran successo “The Parent Trap” della Walt Disney, commedia del 1998 diretta da Nancy Meyers e interpretata da Natasha Richardson, Dennis Quaid e Lindsay Lohan (gemelle) “.